La Legge n. 392/1978 artt. 27-42 norma i contratti di locazione ad uso diverso dall’abitazione quali:
- Industriali, volte alla produzione di beni e servizi;
- Commerciali dirette allo scambio di beni e servizi;
- Artigianali;
- Di lavoro autonomo esercitate in modo abituale e professionale;
- Di interesse turistico (alberghi, affittacamere, campeggi, villaggi turistici, case per ferie, rifugi alpini, stabilimenti termali e balneari, aziende della ristorazione e altri pubblici esercizi ubicati in zone di interesse turistico, agenzie di viaggio e turismo).
Mentre per la locazione di immobili adibiti ad uso abitativo il legislatore prevede espressamente il requisito della forma scritta, la locazione non abitativa può essere stipulata in qualsiasi forma, salvo l’obbligo di registrazione. Fanno eccezione le locazioni immobiliari “ab origine” ultranovennali – per la quale è richiesta la forma scritta a pena di nullità ex art. 1350 n. 8 c.c. – e le locazioni di immobili adibiti a uso diverso da quello di abitazione (anche se adibiti ad attività alberghiera) per i quali sia pattuito un canone annuo superiore a € 250.000 e che non siano riferiti a locali qualificati di interesse storico a seguito di provvedimento regionale o comunale.
La disciplina sulla durata minima del contratto è contenuta nell’art. 27 della Legge n. 392/1978, in base alla quale questa è di:
6+6 anni in caso di locazioni di immobili adibiti ad attività industriali, commerciali, artigianali e di qualsiasi attività di lavoro autonomo;
9+9 anni in caso di locazioni di immobili adibiti ad attività alberghiera o all’esercizio di imprese assimilate ai sensi dell’art. 1786 c.c. o all’esercizio di attività teatrali.
Per quanto riguarda, invece, la durata massima, ai sensi dell’art. 1573 c.c. questa è stabilita nel limite di 30 anni; nel caso in cui la locazione è stipulata per un periodo più lungo o in perpetuo, essa è ridotta ex lege al predetto termine trentennale.
La determinazione del canone è libera, con l’unico limite costituito dal suo aggiornamento. Infatti, a norma dell’art. 32 della L. 392/78, le parti possono convenire che il canone di locazione sia aggiornato annualmente, su richiesta del locatore, nella misura del 75% delle variazioni accertate dall’ISTAT dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.
Al conduttore dell’immobile, la normativa riconosce la facoltà di recesso anticipato nelle seguenti casistiche:
a) Quando siano le parti ad aver introdotto convenzionalmente (recesso convenzionale) tale possibilità. Il recesso avviene in qualsiasi comunicazione al locatore mediante avviso con lettera raccomandata almeno 6 mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione;
b) Qualora ricorrano gravi motivi (recesso legale), con preavviso di almeno 6 mesi da comunicarsi con lettera raccomandata.
Per gravi motivi s’intendono fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto ed essere tali da rendere eccessivamente gravosa per il conduttore la prosecuzione del contratto di locazione ovvero consistere in un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie, tali da incidere significativamente sull’andamento dell’azienda. In sintesi, come spiegato dalla giurisprudenza (si vedano, ad esempio, Cass. 12.11.2003 n. 17042, Cass. 17.1.2012 n. 549 e Cass. 28.2.2019 n. 5803), i gravi motivi devono:
- essere specificati in sede di comunicazione del recesso;
- imprevedibili e sopravvenuti durante il rapporto di locazione;
- non causati dalla volontà del conduttore.
Dott. Caglieri Simone
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