Dott. Caglieri Simone
PROFILI CIVILISTICI DELLA DONAZIONE D'AZIENDA
La donazione è l’atto con cui un soggetto (donante) trasferisce ad un altro soggetto (donatario) un proprio bene per spirito di liberalità, senza alcun corrispettivo. Per avere effetto, la disciplina civilistica prevede che l’atto di donazione deve essere redatto mediante atto pubblico. Nonostante ciò, gli effetti della donazione non assumono carattere definitivo sino a che non siano trascorsi 10 anni dalla morte del donante o 20 anni dalla donazione se il donante è ancora in vita: tale aspetto consiste in una variabile da valutare attentamente ai fini di una donazione d'azienda in quanto rende difficilmente cedibile l'azienda a terzi nel corso di questo lungo periodo. Difficilmente un potenziale acquirente concluderà un'operazione di questo tipo senza avere la certezza che il venditore sia tale.
Infatti, nell’arco temporale indicato, la donazione può essere soggetta alla revoca se si configurano le seguenti due ipotesi:
• Revoca per ingratitudine del donatario.
Tale ipotesi di revoca è configurabile se il donatario ha commesso dolosamente un grave torto nei confronti del donante o si è reso colpevole d’ingiuria o si è rifiutato di versare gli alimenti al donante per vincoli familiari. La domanda di revoca per ingratitudine deve essere presentata entro un anno dal giorno in cui il donante è venuto a conoscenza del fatto che la consente.
• Revoca per sopravvenienza di figli del donante.
Si tratta della sopravvenuta nascita di un figlio o di un discendente legittimo o dell’ipotesi del riconoscimento di un figlio naturale del donante.
A queste casistiche si aggiunge anche l’ipotesi di azione revocatoria ordinaria, la quale può essere esperita dai creditori del donante qualora ritengano che l’atto abbia recato loro pregiudizio (artt. 2901 – 2904 c.c.).
Nel caso di successiva morte del donante, il legislatore prevede l’obbligo della collazione, in via automatica. Nel momento in cui si apre la successione, si presume che i beni donati ai figli legittimi o naturali o a loro discendenti ed al coniuge che concorrono alla ripartizione dell’eredità, rappresentino un’anticipazione del patrimonio del de cuius. Pertanto i citati soggetti sono obbligati a conferire i beni ricevuti in donazione alla massa soggetta alla successione ereditaria. In tal senso si sottolinea la sentenza della Corte di Cassazione, sez. II, 18 giugno 1981, n. 4009, con la quale viene affrontata la tematica sull’applicazione della normativa in materia di collazione alla donazione d’azienda: poiché la donazione d’azienda non è dato dalla somma dei valori dei singoli beni, bensì dal complesso unitariamente considerato, devono essere applicate le norme relative alla collazione dei beni immobili e non quelle inerenti ai beni mobili. In sostanza, a scelta del donatario, la “collazione dell’azienda può avvenire in natura o per imputazione”.
La presunzione di collazione può essere superata, mediante apposita clausola inserita nel testamento o nell’atto di donazione, con la quale il donante esenta l’avente causa dalla stessa, nei limiti della quota disponibile dell'eredità.
Dott. Caglieri Simone
