CENTRI DI PROFITTO: IL SEGRETO PER CAPIRE QUALI PARTI DELL'AZIENDA FUNZIONANO (E QUALI NO)
- Dott. Caglieri Simone
- Mar 30
- 7 min read
Ogni impresa, indipendentemente dalle sue dimensioni o dal settore in cui opera, si trova quotidianamente a dover gestire le proprie risorse in modo efficiente.
Per tale motivo, l’adozione di strumenti di gestione capaci di offrire una visione chiara della redditività delle diverse aree operative è diventata una priorità. Tra questi strumenti, i centri di profitto rappresentano una leva fondamentale per valutare in modo puntuale il contributo economico di reparti, divisioni, filiali o linee di prodotto.
Un centro di profitto ci permette, quindi, di individuare le “unità economiche” presenti all’interno della nostra impresa – identificate da una gestione autonoma o semi-autonoma – in modo da quantificarne la redditività prodotta.
In questo articolo esploreremo cosa sono i centri di profitto, quali sono i criteri e le logiche alla base della loro implementazione, oltre a utili consigli su come impostarli. Analizzeremo inoltre i vantaggi e le sfide connesse al loro utilizzo e vedremo, attraverso esempi pratici, come questa metodologia possa trasformarsi in un efficace strumento di controllo e di orientamento strategico per le imprese moderne.
COSA SI INTENDE PER CENTRO DI PROFITTO?
Un centro di profitto è un’unità organizzativa aziendale alla quale vengono attribuiti sia i costi sia i ricavi generati dalla propria attività. Il suo scopo principale è quello di determinare il profitto netto prodotto da quell’area specifica, misurandone la redditività in maniera autonoma.
Ad esempio, un centro di profitto può essere:
- una divisione aziendale (es. linea prodotti uomo/donna),
- una filiale (es. sede di Milano),
- un reparto commerciale,
- un negozio fisico singolo.
La definizione e l’organizzazione dei centri di profitto all’interno di un’azienda non seguono un modello unico, ma possono essere strutturati secondo diversi criteri, a seconda delle caratteristiche dell’attività, della dimensione organizzativa e degli obiettivi gestionali.
Di seguito vediamo i principali criteri utilizzati per la suddivisione in centri di profitto:
Per linee di prodotto o servizio.
Uno dei criteri più comuni è la suddivisione dei centri di profitto in base ai prodotti o ai servizi offerti. Questo approccio consente di analizzare la redditività specifica di ciascuna linea commerciale.
Ad esempio, in un’azienda cosmetica potremmo suddividere i centri di profitto “Linea skincare”, “Linea make-up” e “Linea profumi”.
Per area geografica o mercato territoriale.
Utile per le aziende che operano su scala nazionale o internazionale, questo criterio permette di valutare le performance economiche nei diversi contesti locali o regionali.
Ipotizzando una società di trasporto internazionale, potremo avere il centro di profitto “Italia Nord”, “Europa dell’Est” e “Asia-Pacifico”
Per canale di vendita.
Ideale per le imprese multicanale, questa suddivisione consente di distinguere la redditività delle vendite in base al mezzo o al contesto commerciale.
Si pensi ad un’azienda di elettronica che può strutturare i centri di profitto “Vendita al dettaglio (negozi fisici)”, “E-commerce” e “B2B – Rivenditori autorizzati”.
Per cliente o gruppo di clienti.
In alcune realtà, specialmente nel B2B, è utile misurare i risultati economici per cliente o cluster di clienti, per valutare la marginalità delle singole relazioni commerciali.
Nel caso di un’azienda industriale, ad esempio, possiamo identificare i centri di profitto: “Clienti settore automotive”, “Clienti pubblica amministrazione”, “Grandi gruppi internazionali”.
Per unità operativa o filiale.
Nelle organizzazioni strutturate su più sedi operative o punti vendita, ogni sede può essere considerata un centro di profitto autonomo, con responsabilità sui propri costi e ricavi.
Immaginiamo una catena di abbigliamento con più punti vendita in Italia. Ognuno di questi negozi può essere considerato un centro di profitto, in quanto: a) sostiene costi propri (affitto, personale, utenze, forniture), b) genera ricavi propri (vendite effettuate nel punto vendita).
In questo modo è possibile confrontare la redditività tra una sede e l’altra, valutando quali negozi contribuiscono maggiormente al profitto complessivo dell’azienda.
Per progetto o commesse.
In aziende che lavorano per progetti (es. edilizia, consulenza, ingegneria), ciascun progetto può essere trattato come centro di profitto a sé stante, con budget e obiettivi economici propri.
Ad esempio un’azienda edile può creare centri di profitto relativi alla “Costruzione del centro commerciale area Milano Nord”, “Ristrutturazione condominio via Le Magnolie 12”, “Costruzione villette a schiera zona Torino Est”.
PERCHE’ SUDDIVIDERE IN CENTRI DI PROFITTO?
La suddivisione in centri di profitto non è un mero esercizio contabile, ma uno strumento strategico che permette di portare trasparenza, responsabilizzazione e visione analitica all’interno dell’impresa.
Vediamo quali sono i principali vantaggi nel procedere in tal senso:
1) Misurare la redditività per aree distinte.
Suddividere l’impresa in centri di profitto consente di isolare e analizzare la performance economica delle singole unità. In questo modo, si può capire con precisione:
- Quali prodotti o servizi sono più redditizi.
- Quali sedi, divisioni o progetti generano valore.
- Quali aree richiedono interventi correttivi.
Esempio: Un’azienda alimentare produce tre linee: snack salati, prodotti da forno e bevande. Creando un centro di profitto per ciascuna linea, la direzione scopre che i prodotti da forno – pur avendo un buon volume di vendite – hanno un margine di profitto molto più basso rispetto alle bevande. Questo orienta la strategia commerciale verso un miglior posizionamento dei prodotti e una revisione dei costi industriali.
2) Supportare le decisioni strategiche.
L’analisi dei centri di profitto fornisce dati dettagliati e affidabili su cui basare le scelte direzionali. In particolare, può aiutare a:
- Decidere se espandere o chiudere una linea di business.
- Rivedere la politica di pricing.
- Allocare meglio le risorse e gli investimenti.
Esempio: Una società di servizi digitali opera in tre mercati: Italia, Francia e Germania. Analizzando i centri di profitto per ciascun Paese, la direzione nota che il mercato tedesco – pur con volumi inferiori – ha un margine operativo più alto grazie a clienti più fidelizzati e meno costi di acquisizione. L’azienda decide così di aumentare l’investimento pubblicitario e di marketing sul mercato tedesco, riducendo quello sul mercato francese, meno profittevole.
3) Responsabilizzare i manager e le divisioni.
Quando ogni area è trattata come centro di profitto, i manager responsabili sono coinvolti attivamente nella gestione economica: diventano non solo esecutori, ma gestori del risultato. Questo approccio favorisce una cultura aziendale orientata all’efficienza, alla consapevolezza dei numeri e al raggiungimento di obiettivi concreti.
Esempio: In una catena di palestre, ogni sede operativa è considerata un centro di profitto. Il responsabile di ogni struttura ha accesso ai dati di costi e ricavi, e viene premiato sulla base dei risultati ottenuti. Ciò stimola comportamenti proattivi come il contenimento degli sprechi, la promozione di corsi più richiesti e l’ottimizzazione dell’organico.
4) Migliorare il controllo di gestione.
La suddivisione in centri di profitto facilita anche il controllo operativo e l’individuazione di anomalie o inefficienze. Confrontando i risultati tra centri, è possibile identificare scostamenti dai budget, differenze di performance tra aree simili e potenziali aree di miglioramento.
Esempio: Due concessionarie auto della stessa rete aziendale operano in città diverse ma simili per dimensioni. Una mostra risultati eccellenti, l’altra è costantemente in perdita. Grazie alla suddivisione in centri di profitto, la sede centrale analizza nel dettaglio i costi fissi, la gestione del personale, le promozioni locali e l’efficienza dei processi, trovando le cause del divario e intervenendo in modo mirato.
CONSIGLI SU COME IMPOSTARE UNA SUDDIVISIONE IN CENTRI DI PROFITTO
L’adozione di un sistema di centri di profitto rappresenta un passo evolutivo nella gestione economica di un’impresa. Tuttavia, affinché questa suddivisione sia realmente efficace, è fondamentale adottare una logica strutturata e coerente. Vediamo come farlo nel modo giusto.
La base è partire da una contabilità industriale.
Per suddividere correttamente l’azienda in centri di profitto, è essenziale impostare (o potenziare) un sistema di contabilità industriale.
Cos’è la contabilità industriale?
La contabilità industriale – detta anche contabilità analitica – è un sistema utilizzato internamente all'azienda per analizzare nel dettaglio i costi e i ricavi associati alle diverse attività, prodotti, servizi o reparti. Per impostare una contabilità industriale è fondamentale progettare un piano dei conti finalizzato alla raccolta di informazioni dettagliate sui costi e sui ricavi, facilitando l’analisi e il controllo di gestione. Pertanto, per ogni conto della contabilità generale, è necessario associare dei conti della contabilità analitica che riflettano le specifiche esigenze di monitoraggio dei costi e dei ricavi. Ipotizziamo di essere un’azienda che opera nel settore della vendita al dettaglio di abbigliamento, per la quale decidiamo di effettuare una suddivisione in centro di profitto per le tre filiali, ovvero i negozi di Milano, Firenze e Roma. In questo caso, ad esempio, sarà importante impostare un piano dei conti dove i ricavi sono suddivisi per le tre tipologie di filiali, così come i costi del personale, delle utenze, dell’acquisto di merce, ecc.
Scegliere il criterio di suddivisione più adatto.
I centri di profitto possono essere costruiti secondo diverse logiche: per prodotto, per cliente, per area geografica, per canale di vendita, per filiale o per progetto. Tuttavia, è importante non eccedere con la complessità.
Infatti, soprattutto nelle fasi iniziali, è utile applicare il principio della massima semplicità compatibile con la gestione, ovvero:
- Iniziare con una suddivisione macro, ad esempio per linee di prodotto o per filiali principali.
- Evitare di creare troppi centri di profitto che rischiano di frammentare i dati e generare confusione.
- Concentrarsi su quelle aree in cui è realmente utile misurare costi e ricavi separatamente.
Definire in modo chiaro costi e ricavi da attribuire.
Una volta scelti i centri, bisogna stabilire cosa vi rientra in termini di costi e ricavi:
- I ricavi diretti (es. vendite di prodotti o servizi del centro) sono generalmente semplici da attribuire.
- I costi diretti (materie prime, manodopera, trasporti, ecc.) seguono lo stesso principio.
- I costi indiretti (spese generali, servizi condivisi, ammortamenti) richiedono criteri di ripartizione (es. percentuali, driver di costo, tempo di utilizzo).
Si consiglia di utilizzare driver oggettivi per l’allocazione dei costi indiretti, come i metri quadri occupati da ciascun centro, le ore lavorate o il volume di produzione.
Collegare i centri di profitto al sistema di budget e reporting.
La suddivisione in centri di profitto diventa davvero efficace solo se è integrata nei processi di pianificazione e controllo, cioè il controllo di gestione.
Adattare il modello nel tempo.
Il sistema dei centri di profitto non deve essere statico.
Con il tempo possono nascere nuove linee di business, modificarsi i mercati di riferimento o cambiare la struttura organizzativa. In questi casi è importante aggiornare la mappa dei centri di profitto per mantenerla allineata con la realtà operativa.
Dott. Caglieri Simone

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