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DATA DI EFFETTO FISCALE DELLA CESSIONE/SUCCESSIONE DI PARTECIPAZIONI IN SOCIETA' DI PERSONE

Writer's picture: Dott. Caglieri SimoneDott. Caglieri Simone

Ai sensi dell’art. 5 comma 1 del Tuir, i redditi prodotti dalle società di persone sono attribuiti a ciascun socio tramite il regime di trasparenza fiscale, indipendentemente dalla percezione e proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili. Nel caso di modifica nella distribuzione delle partecipazioni in una società di persone (ad esempio per cessione quote) gli effetti fiscali si producono con diversa decorrenza in base se la stessa comporti o meno la modifica della compagine sociale:

  • Nel caso di modifica della compagine sociale con l’ingresso di nuovi soci o la fuoriuscita dei vecchi, la variazione avrà effetto a partire dallo stesso periodo d’imposta di stipula dell’atto. A dimostrazione di ciò, è recente la sentenza n. 1496/2020 del CTP di Bari. In una società in nome collettivo con due soci, ad uno dei due veniva contestata l’omessa presentazione della dichiarazione fiscale. Nelle proprie difese il socio dimostrava che in data 29/12/2014 aveva operato la cessione della propria quota di partecipazione all’altro socio, ragione per la quale nessun reddito di partecipazione nella società poteva essergli imputato per il 2014. Il Giudice ha annullato integralmente l’atto impositivo emesso a carico del socio cedente in quanto << va richiamato l’orientamento espresso dalla Cassazione, secondo cui in tema di redditi prodotti in forma associata, qualora nel corso di un esercizio sociale di una società di persone si sia verificato il mutamento della composizione della compagine sociale, con il subentro di un socio nella posizione giuridica di un altro, i redditi della società devono essere imputati, ai sensi e per gli effetti dell’art. 5 del DPR. n. 917/1986,esclusivamente al contribuente che sia socio al momento della approvazione del rendiconto (e, quindi, del socio subentrante) in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili e non già al socio uscente ed a quello subentrante >>. Prendiamo ad esempio la casistica di una società di persone dove erano presenti i soci Rossi e Bianchi, rispettivamente al 50% ciascuno. Nel 2020 il socio Rossi è fuoriuscito dalla compagine sociale vendendo le proprie quote al socio Verdi e al socio Alfa, rispettivamente al 25% ciascuno. Poiché cambia la compagine sociale, il reddito prodotto nel 2020 dovrà essere ripartito (tramite trasparenza fiscale) nella nuova compagine sociale cioè a Verdi al 25%, Alfa al 25% e Bianchi al 50%.

  • Nel caso di modifica delle quote di partecipazione dei soci esistenti ma non della compagine sociale, questa produrrà il suo effetto dal periodo d’imposta successivo a quello della stipula dell’atto. Ritornando al nostro esempio di prima (Rossi e Bianchi con partecipazioni al 50% ciascuno), ipotizziamo che il socio Rossi abbia ceduto il 20% della propria partecipazioni al medesimo socio Bianchi nel corso dell’anno 2020. A seguito di ciò, il reddito del 2020 dovrà essere ripartito sulla base della situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio precedente (50% ciascuno), mentre solo nel 2021 la ripartizione del reddito avverrà sulla base delle nuove percentuali di ripartizione agli utili.

  • Nel caso di successione mortis causa della quota di partecipazione, il reddito dell’intero anno deve essere imputato a coloro che rivestono la qualifica di socio alla data di chiusura del periodo d’imposta, come indicato dall’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n. 157/E del 17/04/2008. In altri termini, al socio defunto non sarà attribuibile alcun reddito prodotto dalla società: questo dovrà essere attribuito a quei soggetti, oltre ai soci superstiti, che possono definirsi soci alla chiusura del periodo d’imposta. In tal senso acquisisce particolare rilevanza il contenuto dell’atto costitutivo della società in materia di trasferimento quote mortis causa in quanto gli eredi non acquisiscono automaticamente la qualifica di soci al momento del decesso del de cuius poiché la decisione di continuare l’attività nella veste di soci deve derivare da un accordo tra gli eredi ed i soci superstiti. Se l’atto costitutivo richiama le disposizioni del codice civile in caso di decesso di un socio, quando muore uno dei soci “gli altri devono liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la società ovvero continuarla con gli eredi stessi e questi vi acconsentano”, come indicato dall’art. 2284 c.c.. La medesima interpretazione è stata fornita dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 6849 del 16/12/1986) per cui << l’erede del socio defunto diventa socio non iure successionis, ma ad opera di un accordo che è atto inter vivos: accordo che … non richiede forma scritta e può risultare anche da fatti concludenti >> (ad esempio, gli eredi hanno partecipato alla gestione della società. Pertanto, qualora alla data del 31 dicembre non fosse ancora intervenuto l’accordo tra i soci superstiti e gli eredi per la continuazione del rapporto societario già intercorrente col socio defunto, il risultato d’esercizio sarà attribuito ai soci qualificati come tali alla predetta data. Ipotizzando il decesso di uno dei tre soci di una S.n.c. dove nell’atto costitutivo non è prevista una clausola di continuazione bensì di liquidazione della quota dell’ex socio agli eredi, il reddito conseguito dalla società nell’intero anno sarà attribuito ai due soci superstiti e non agli eredi del de cuius.

La disciplina esaminata si applica anche nel caso di cessione quote nelle S.r.l. a trasparenza fiscale.


Dott. Caglieri Simone



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