DEDUZIONE DELLE PASSIVITA' AI FINI DEL CALCOLO DELL'IMPOSTA DI SUCCESSIONE
- Dott. Caglieri Simone
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Ai fini del calcolo dell’imposta di successione, dal valore complessivo dell’attivo ereditario deve essere detratto il valore delle passività gravanti sul patrimonio del defunto, al fine di determinare il patrimonio netto imponibile.
In particolare, sono deducibili – purché adeguatamente documentati – i seguenti oneri:
Debiti del defunto esistenti alla data di apertura della successione.
Spese mediche e funerarie sostenute dagli eredi per il defunto indicate nell’art. 24 del DLgs 346/1990.
In riferimento alla prima categoria, in linea generale sono deducibili i debiti certi ed esistenti al momento del decesso, indipendentemente dalla loro natura. Al contrario, i debiti incerti – ossia quelli soggetti a condizione o di importo non ancora determinato – potranno essere dedotti solo quando ne sia divenuta certa l’esistenza e l’ammontare. Pertanto è necessario che questi risultino da atto scritto o riconosciuti dal giudice cioè:
Atto scritto avente data certa anteriore all’apertura della successione. In tal senso non è rispettato il requisito della data certa nel caso di riconoscimento di debito, come da sentenza della Cassazione del 19/01/2009 n. 1132. Tra i documenti dotati di data certa, il Codice Civile identifica in particolare l’atto pubblico (ex artt- 2699 ss. c.c.), la scrittura privata autenticata e la scrittura privata non autenticata la cui data sia comunque considerabile come certa in relazione al verificarsi degli eventi che non lasciano spazi a dubbi circa la pregressa formazione e sottoscrizione del documento (ad esempio la registrazione avvenuta presso l’Agenzia delle Entrate, la riproduzione del contenuto della scrittura in atti pubblici, ecc.);
Provvedimento giurisdiziale definitivo anche se il provvedimento giudiziale definitivo è stato emesso dopo l’apertura della successione, in quanto l’ultimo comma dell’art. 23 del DLgs. 346/90 consente al contribuente di fornire la dimostrazione dei debiti deducibili derivanti da provvedimento giurisdizionali entro 6 mesi dalla data in cui il provvedimento è diventato definitivo. Stiamo parlando, all’atto pratico, di sentenze, decreti e ordinanze.
E’ altresì necessari che detti provvedimenti siano muniti del carattere di “definitività”, ossia non appaiono suscettibili di essere riformati nel corso di un successivo grado del procedimento in quanto:
- Siano inutilmente decorsi i termini per le impugnazioni ordinario (ad esempio appello, ricorso per Cassazione, ecc.);
- Sia stata esaurita la serie di impugnazioni ordinarie proponibili avverso il procedimento il quale, dunque, risulta emesso nell’ambito dell’ultimo possibile grado di giudizio.
Al contrario il suddetto requisito non è rispettato nel caso di sentenza provvisoriamente esecutiva (Cass. 15 gennaio 2007 n. 668).
Sono altresì ammesse in deduzione, pur in assenza di atto scritto o provvedimento giudiziale, le seguenti categorie di debiti:
Debiti inerenti all’esercizio di impresa, se risultanti dalle scritture contabili obbligatorie del defunto;
Debiti cambiari e debiti verso aziende o istituti di credito, compresi i saldi passivi di conto corrente: qualora il defunto non fosse tenuto alla tenuta delle scritture contabili, è sufficiente che tali debiti risultino dalle scritture contabili dell’istituto di credito o del prenditore;
Debiti derivanti da rapporti di lavoro subordinato, inclusi TFR e trattamenti previdenziali integrativi, nella misura maturata alla data di apertura della successione, anche se il rapporto prosegue con gli eredi o legatari;
Debiti verso lo Stato e gli enti pubblici territoriali;
Debiti tributari, il cui presupposto si sia verificato anteriormente all’apertura della successione;
Debiti verso enti previdenziali obbligatori;
Debiti verso il coniuge divorziato, derivanti da sentenza di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio.
La giurisprudenza (Cass. 8 giugno 2018, n. 14991; Cass. 14 marzo 2007, n. 5969) ha inoltre riconosciuto la deducibilità delle fideiussioni prestate dal defunto, qualora al momento dell’apertura della successione sussista l’insolvenza del debitore garantito o l’impossibilità di esercitare l’azione di regresso, poiché in tali casi il debito risulta definitivamente cristallizzato in capo al fideiussore.
Un ulteriore esempio di passività deducibile è rappresentato dalla quota residua di mutuo fondiario contratto dal defunto per la ristrutturazione di un immobile, come confermato dall’interpello Agenzia delle Entrate n. 342 dell’11 settembre 2020.
Al contrario, non sono deducibili i debiti che il defunto vantava nei confronti degli eredi, in quanto estinti per effetto della confusione ai sensi dell’art. 1253 c.c.
Sono ammissibili in deduzione anche i debiti la cui esistenza emerga o sia provata entro tre anni dall’apertura della successione, anche se non indicati nella dichiarazione originaria. In tal caso, gli eredi devono presentare una nuova dichiarazione di successione.
Il termine è prorogato a sei mesi dalla data in cui il relativo provvedimento è divenuto definitivo per:
i debiti risultanti da provvedimenti giurisdizionali;
i debiti verso Pubbliche Amministrazioni.
Dott. Caglieri Simone

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