L’art. 2285 c.c. riconosce il diritto del socio di recedere dal contratto sociale nelle società di persone, manifestando la sua volontà unilaterale di sciogliere il vincolo sociale nei propri confronti senza che si renda necessario il consenso o l’autorizzazione degli altri soci. Tale diritto è riconosciuto dal legislatore nei seguenti casi:
Quando la società ha una durata a tempo indeterminato o per tutta la vita di uno di soci (c.d. recesso ad notum). In tale ipotesi non sono previsti limiti alla volontà del socio di recedere se non l’obbligo di dare un preavviso di tre mesi da consegnare a ciascuno degli altri soci (non alla società), ai sensi dell’art. 2285 co. 3 c.c.. La comunicazione ai soci è condizione di efficacia del recesso: se questa non è data, il recesso sarà valido ma non produrrà effetti fino al decorso del termine di tre mesi dalla sua comunicazione. Detta comunicazione va effettuata a tutti i soci singolarmente, non essendo sufficiente che sia indirizzata alla società in persona del suo legale rappresentante: il termine decorre dal momento in cui l'ultima comunicazione è stata effettuata. Aderendo alla ratio della norma, è possibile estendere il diritto di recesso alle ipotesi in cui la durata della società è solo formalmente determinata, ma, in realtà, è sostanzialmente incerta o molto lontano nel tempo. Sono equiparate ai casi codificati:
- la previsione contrattuale di proroga tacita della società poiché implica necessariamente la trasformazione in società a tempo indeterminato (art. 2273 c.c.);
- la fissazione di un termine così lontano nel tempo da superare l'aspettativa di vita di almeno uno dei soci. Parte della dottrina ritiene che il superamento della vita umana deve essere valutato sulla base dei risultati statistici delle aspettative di vita al momento della costituzione della società, come confermato dal Tribunale di Bologna con provvedimento del 30 giugno 2022, in cui è stato considerato legittimo il recesso esercitato dal socio di una snc la cui aspettativa di vita era inferiore alla durata (determinata) prevista per la società.
Nel caso di recesso per giusta causa, non vi è necessità di preavviso, avendo effetto immediato. In mancanza di una definizione legislativa di “giusta causa di recesso”, spetta al giudice valutare in concreto la sussistenza del presupposto. Le modifiche al contratto sociale come giusta causa di recesso, invece, sono un argomento attualmente dibattuto in dottrina tra chi è a favore e chi contrario a tale casistica. Al contrario è esclusa la sussistenza di una giusta causa nell'ipotesi di semplice disaccordo in merito alla gestione della società (Trib. Milano 10/06/2013). Il Consiglio Notarile di Firenze, Pistoia e Prato, nella massima n. 24/2011 ha osservato che l’efficacia del recesso si produce:
a) Al momento della ricezione da parte degli altri soci e della società - se non diversamente previsto -, nell'ipotesi di recesso normato espressamente nell'atto costitutivo;
b) Decorsi tre mesi dalla ricezione, nel caso di recesso legale previsto dal comma 1 dell'art. 2285 c.c.;
c) Accertata la sussistenza della giusta causa (per riconoscimento da parte degli altri soci o a seguito di accertamento giudiziale) nell'ipotesi del comma 2 dell'art. 2285 c.c.
Detto questo, dottrina e giurisprudenza hanno provveduto a considerare giuste cause di recesso quelle che non consentono la normale prosecuzione del rapporto sociale - a causa del comportamento degli altri soci consistente nella violazione di specifici obblighi contrattuali o dei doveri di buona fede e di correttezza - quali ad esempio:
- Appropriazione dei beni sociali;
- Appropriazione delle scritture contabili da parte di un socio (Tribunale Milano 10/06/2013);
- Violazione degli obblighi di rendiconto (Tribunale Roma n. 14628 del 18/07/2017);
- Mancata comunicazione del bilancio d’esercizio e del rendiconto al socio accomandante (Tribunale Milano 29/04/2004);
- Lo stato di insolvenza di uno dei soci;
- L’aver subito un procedimento di esclusione da parte di altri soci per addebiti infondati (Tribunale Torino 07/03/2008);
- Esclusione immotivata del socio dalla gestione degli affari sociali, dalla percezione degli utili e dal controllo sull’attività sociale (Tribunale Verona 25/01/1994);
- L’inerzia dei consoci nei confronti di comportamenti pregiudizievoli degli amministratori (Cassazione 14/02/2000 n. 1602);
- Inadempimento di uno dei due soci amministratori all’obbligo di amministrare la società (Cass. N. 21731 del 08/07/2022);
- La reiterata violazione da parte del socio amministratore dell’obbligo di rendere conto della gestione sociale e dell’andamento economico della società (Tribunale Roma 24/04/2015, Tribunale Milano n.18/10/2016).
Il recesso del socio può avvenire in una delle cause previste per le vicende modificative della vita della società, introdotte dal D.Lgs. 6/2003, per cui il socio ha diritto di recedere se in dissenso alla decisione circa:
- La trasformazione della società di persone in società di capitali (art. 2500-ter co. 1 c.c.);
- La fusione della società (art. 2502 co. 1 c.c.);
- La scissione della società (art. 2506-ter co. 5 c.c.)
- L’inserimento o l’eliminazione nel contratto sociale di clausole compromissorie deve essere approvato da tanti soci che rappresentano almeno i due terzi del capitale sociale (art. 838-bis u.c. c.p.c.). Il socio assente o dissenziente è legittimato ad esercitare il diritto di recesso entro 90 giorni.
L’atto costitutivo può comunque disciplinare il diritto di recesso convenzionale, prevedendo altre cause di recesso (ad esempio consentono il recesso dalla società al decorrere di un certo periodo di tempo iniziale o lo condizionano al fatto che si registrino delle perdite per più esercizi consecutivi o il raggiungimento da parte del socio dell’età pensionabile o un'età avanzata) oppure specificando la nozione di giusta causa. In tal caso la decorrenza degli effetti del recesso è liberamente determinabile dalle parti.
Qualora il recesso del socio, pur non giustificato da alcuna norma di legge o di statuto, fosse comunque accettato da tutti gli altri soci, potrebbe versarsi in ipotesi di recesso consensuale (definita come “atto di mutuo dissenso parziale” dalla massima del Consiglio Notarile di Firenze, Pistoia e Prato n. 54/2015, in quanto non è un atto unilaterale bensì un accordo con il consenso di tutte le parti del rapporto sociale).
Esclusivamente per le società in nome collettivo, è prevista una specifica causa di recesso ovvero << in caso di proroga tacita, ciascun socio può sempre recedere dalla società dando preavviso a norma dell’art. 2285 >>.
Una volta comunicata agli altri soci la propria volontà di recedere dal rapporto societario, il socio che ha esercitato il diritto di recesso:
1) Perde lo status di socio e con esso il diritto di partecipare agli utili, anche se non ha ancora ottenuto la liquidazione della sua quota;
2) Potrà avviare un’attività di impresa anche concorrenziale con quella della società poiché, con il venir meno dello status di socio, viene meno anche il divieto di concorrenza stabilito dall’art. 2301 del codice civile (Cass. Sez. I, n. 6169/2004).
Dott. Caglieri Simone
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