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LO STATO DI SALUTE AZIENDALE: COME VALUTARLO E TRASFORMARLO IN UNA GUIDA STRATEGICA

  • Writer: Dott. Caglieri Simone
    Dott. Caglieri Simone
  • Jul 30
  • 7 min read

Per chi guida un’impresa, conoscere in profondità lo stato di salute della propria azienda non è una formalità burocratica o un esercizio teorico: è un’esigenza concreta, legata alla sopravvivenza e alla crescita dell’attività. Capire se l’impresa è solida, se genera reddito in modo sostenibile e se possiede le risorse finanziarie necessarie per affrontare investimenti, periodi di crisi o cambiamenti del mercato significa mettersi nella condizione di agire in anticipo, trasformando i dati in scelte operative consapevoli.

Questa consapevolezza nasce dall’analisi dello stato di salute aziendale, un’attività che trasforma i numeri in indicazioni concrete, mettendo in luce sia i punti di forza da valorizzare sia le aree critiche su cui intervenire.

Nel corso di questo articolo vedremo cosa significa analizzare la salute di un’impresa e perché è una pratica strategica per ogni realtà, indipendentemente dalle dimensioni o dal settore di appartenenza. Approfondiremo le tre dimensioni chiave – solidità patrimoniale, economicità e liquidità – e capiremo come il loro monitoraggio continuo permetta di prevenire crisi, cogliere opportunità e orientare con precisione le scelte imprenditoriali.

 

IL SIGNIFICATO E L'IMPORTANZA DELL'ANALISI DELLO STATO DI SALUTE AZIENDALE

 

Molti imprenditori, soprattutto nelle PMI, tendono a misurare la “salute” aziendale guardando esclusivamente due parametri: fatturato e saldo di cassa. È un approccio comprensibile, perché sono indicatori immediati e facilmente leggibili, ma anche limitante, perché offrono una visione parziale e rischiano di nascondere segnali di allarme che solo un’analisi più completa può far emergere. Un’azienda può avere un buon fatturato ma margini bassissimi, oppure disporre di liquidità oggi ma trovarsi in difficoltà tra pochi mesi a causa di impegni finanziari già presi.

Un altro errore culturale diffuso è considerare la contabilità e il bilancio come strumenti utili solo al fisco. In realtà, la contabilità è nata per fornire all’imprenditore il controllo sull’andamento dell’attività e per consentirgli di prendere decisioni razionali basate su dati concreti. Scegliere un regime contabile semplificato può sembrare conveniente per ridurre costi e adempimenti, ma significa rinunciare a informazioni strategiche. Una contabilità ordinaria, anche se non obbligatoria, rappresenta un vero e proprio investimento gestionale: permette di monitorare le dinamiche economiche, patrimoniali e finanziarie in modo continuo e di capire, in tempo utile, se l’azienda sta procedendo nella direzione desiderata.

L’analisi dello stato di salute di un’azienda si basa su tre pilastri fondamentali, che devono essere letti e interpretati in maniera congiunta, poiché solo la loro integrazione offre una visione realistica e completa della situazione.

Il primo pilastro è la solidità patrimoniale, ovvero la capacità dell’impresa di far fronte ai propri impegni finanziari nel medio-lungo termine, mantenendo un equilibrio sostenibile tra capitale proprio e debiti. Un’azienda con una struttura patrimoniale solida è meno esposta a rischi legati all’indebitamento e può contare su una maggiore autonomia decisionale. Il secondo pilastro è l’economicità, che misura la capacità dell’azienda di produrre reddito in maniera coerente e sostenibile rispetto alle risorse impiegate. Qui la domanda chiave diventa: l’attività è veramente profittevole? Non si tratta solo di generare fatturato, ma di farlo con margini tali da coprire il costo del capitale, remunerare adeguatamente i soci e garantire le risorse necessarie alla crescita.

Il terzo pilastro è la liquidità, che riguarda la capacità dell’impresa di far fronte agli impegni di breve periodo, come il pagamento dei fornitori, delle retribuzioni ai dipendenti, delle imposte o delle rate di finanziamenti.

Solo un’analisi che consideri contemporaneamente solidità patrimoniale, economicità e liquidità può restituire una valutazione attendibile dello stato dell’impresa. Limitarsi a osservare una sola di queste dimensioni significa avere una visione parziale, come guardare un edificio soltanto da una facciata senza verificarne le fondamenta e la struttura interna.

Oltre a fornire una fotografia dello stato attuale, questa analisi è decisiva per individuare con precisione le aree critiche. Senza un approccio strutturato, l’imprenditore può facilmente cadere nell’illusione che “tutto stia andando bene”, quando magari una specifica area – un reparto produttivo, una linea di prodotto o un canale di vendita – sta erodendo i margini di guadagno o generando squilibri finanziari.

La valutazione puntuale permette di capire esattamente dove si annidano le inefficienze e di concentrare lì le azioni correttive, evitando di disperdere energie e risorse su aspetti marginali.

 

ANALISI DELLE MATRICI DI SVILUPPO AZIENDALE

 

Studiare in profondità la condizione complessiva di un’impresa significa concentrarsi su tre aree fondamentali: solidità patrimoniale, economicità e situazione finanziaria. Queste dimensioni non vanno mai considerate separatamente: per avere un quadro affidabile è necessario osservarle in modo integrato, poiché ognuna influisce sulle altre e tutte insieme determinano la capacità dell’azienda di crescere, resistere agli imprevisti e generare valore nel tempo.

Ognuna di queste aree richiede un approccio specifico, l’utilizzo di strumenti di analisi dedicati e soprattutto la capacità di rielaborare il bilancio in forma gestionale, così che i dati non restino semplici numeri, ma diventino informazioni utili per le decisioni strategiche.

 

ANALISI DI SOLIDITA’

 

La solidità patrimoniale rappresenta la struttura portante dell’azienda: indica la capacità di sostenere gli impegni finanziari nel medio-lungo termine e di mantenere un equilibrio tra gli investimenti effettuati e le fonti di finanziamento utilizzate per sostenerli. Gli investimenti, infatti, sono impieghi di risorse che assorbono liquidità – come l’acquisto di macchinari, immobili, tecnologie, scorte o crediti verso clienti – e per essere sostenibili devono trovare copertura in capitale proprio o in fonti stabili di finanziamento (debiti a medio-lungo termine).

Per valutare correttamente la solidità patrimoniale è fondamentale riclassificare lo stato patrimoniale distinguendo in modo chiaro:

· le attività (impieghi di capitale), ordinate per grado di liquidabilità;

· le passività (fonti di capitale), ordinate per grado di esigibilità.

Questa operazione consente di capire immediatamente se gli investimenti a lungo termine sono coperti da risorse altrettanto stabili o se, al contrario, sono finanziati con debiti a breve termine, una situazione potenzialmente rischiosa.

Tra i principali KPI (Key Performance Indicators) per valutare la solidità patrimoniale troviamo:

  • Indice di indipendenza finanziaria (Patrimonio netto / Totale attivo)Misura il peso del capitale proprio sul totale delle risorse aziendali. Un valore superiore al 30-35% indica generalmente una buona autonomia finanziaria.

  • Indice di indebitamento (Debiti totali / Patrimonio netto)Valuta la dipendenza dell’impresa dai debiti. Un valore superiore a 2 segnala un’eccessiva leva finanziaria e possibili rischi di sostenibilità.

  • Copertura delle immobilizzazioni (Mezzi propri o mezzi stabili / Attivo fisso)Indica se gli investimenti a lungo termine sono finanziati da fonti stabili. Un valore pari o superiore a 1 è considerato segnale di equilibrio.

 

ANALISI DELL’ECONOMICITA’

 

L’economicità riguarda la capacità dell’azienda di generare reddito in maniera sostenibile, ossia coerente con le risorse investite e con i rischi assunti. Non basta “vendere tanto”: è necessario produrre margini sufficienti per coprire i costi, remunerare i soci, ripagare eventuali finanziamenti e reinvestire per lo sviluppo futuro.

Per analizzare correttamente questa dimensione è importante riclassificare il conto economico secondo una logica gestionale, suddividendo i risultati per aree:

· Gestione operativa – la parte “core” del business, che riguarda direttamente la produzione e la vendita di beni o servizi.

· Gestione finanziaria – proventi e oneri derivanti da strumenti e operazioni finanziarie.

· Gestione straordinaria o accessoria – componenti di reddito non ricorrenti o legate ad attività marginali.

Questa distinzione consente di capire dove si crea valore e dove si generano perdite, facilitando decisioni mirate di miglioramento.

Strumenti utili per l’analisi dell’economicità includono:

· Suddivisione per centri di utile: attribuire ricavi e costi a specifici reparti, prodotti o linee di business per valutarne la redditività individuale.

· Break-even point (punto di pareggio): indica il livello minimo di fatturato necessario per coprire tutti i costi; sapere dove si colloca aiuta a definire obiettivi di vendita realistici.

Tra i principali KPI economici:

  • ROE (Return on Equity) = Utile netto / Patrimonio netto → misura la redditività del capitale proprio.

  • ROI (Return on Investment) = Utile operativo / Capitale investito netto → valuta il rendimento delle risorse impiegate nell’attività operativa.

  • ROS (Return on Sales) = Utile operativo / Ricavi → indica la marginalità sulle vendite, cioè quanto resta in utile per ogni euro di fatturato.

 

ANALISI DELLA LIQUIDITA’

 

La terza dimensione riguarda la capacità di onorare gli impegni di breve periodo, garantendo un equilibrio tra le entrate e le uscite di cassa. Anche un’impresa solida e redditizia può trovarsi in difficoltà se non dispone della liquidità necessaria per coprire le scadenze immediate.

Lo strumento principale per questa analisi è il rendiconto finanziario, che evidenzia in modo chiaro:

  • da dove proviene la liquidità generata (attività operative, investimenti, finanziamenti);

  • come questa liquidità viene utilizzata (acquisti, rimborsi, dividendi, ecc.).

A differenza del bilancio civilistico, il rendiconto mostra i flussi reali di cassa, permettendo di valutare la sostenibilità finanziaria dell’attività.

I KPI più utilizzati includono:

  • Current Ratio (Attivo corrente / Passivo corrente): misura la capacità di coprire le passività a breve con gli attivi correnti. Un valore > 1 indica equilibrio, ma valori troppo elevati possono segnalare immobilizzi di capitale.

  • Quick Ratio [(Attivo corrente – Rimanenze) / Passivo corrente]: versione più prudente del Current Ratio, esclude le scorte perché meno liquide. Un intervallo tra 0,8 e 1,2 è generalmente equilibrato.

  • Cash flow operativo: flusso di cassa generato dalla gestione ordinaria. Se negativo in modo ricorrente, anche in presenza di utili, è un chiaro segnale di problemi strutturali.

 

ANALISI NEL TEMPO E NELLO SPAZIO

 

Quando si analizzano gli indicatori di solidità patrimoniale, economicità e liquidità, non basta guardare il valore che questi assumono in un determinato momento. Per attribuire loro un significato reale e utile alla gestione, è necessario inserirli in un contesto più ampio, affiancando alla lettura puntuale anche due tipi di analisi complementari:

  • Analisi nel tempo. Consiste nel confrontare i valori degli indicatori su più esercizi, così da individuare tendenze e cambiamenti strutturali. Questa prospettiva permette di capire se un dato positivo è frutto di un miglioramento progressivo o di una flessione rispetto agli anni precedenti. Ad esempio, un ROE del 5% può essere un segnale positivo se proveniva da valori più bassi, oppure un campanello d’allarme se è in calo rispetto a risultati migliori del passato.

  • Analisi nello spazio. Confronta le performance aziendali con quelle di altre imprese simili per settore, dimensione o mercato di riferimento. Questo posizionamento rispetto agli standard medi di settore aiuta a identificare punti di forza distintivi e aree di miglioramento.

Integrare queste due prospettive consente all’imprenditore di capire non solo il livello attuale delle performance, ma anche la direzione del percorso aziendale e la distanza rispetto ai concorrenti. In questo modo, l’analisi diventa uno strumento concreto per orientare strategie, rivedere obiettivi e correggere processi, prevenendo problemi e cogliendo nuove opportunità.


Dott. Caglieri Simone


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