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LA CANCELLAZIONE DEL DEBITO PER IL DEBITORE INCAPIENTE - PARTE 1 DI 2

Il legislatore ha recentemente introdotto una normativa finalizzata all'esdebitazione del debitore incapiente, a favore di debitori che avendo ormai perso ogni patrimonio e capacità reddituale, non riescono a far fronte, neanche in misura minima, ai propri debiti. Vediamo nello specifico quali sono i requisiti per poter accedere alla procedura in questione.

L’art. 14-quaterdecies L. 3/2012 e l’art. 283 CCII, hanno introdotto la figura del debitore incapiente cioè la persona fisica (normativa rivolta a persone e piccole imprese mentre sono escluse società, associazioni ed enti di qualsiasi natura o genere) che rispetti i seguenti requisiti:

  • Non è in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura (si pensi al classico caso di una controversia in corso dalla quale, possibilmente, potrò ricavare un risarcimento in denaro). In altri termini, il debitore non gode di alcun reddito o ne gode in misura talmente limitata da non riuscire a soddisfare, nemmeno parzialmente, i propri creditori. Si pensi al caso di ricevere uno stipendio appena sufficiente a soddisfare le esigenze di sostentamento proprie e della propria famiglia;

  • E’ meritevole, cioè non ha commesso atti in frode ai creditori oltre ad aver assunto obbligazioni senza dolo o colpa grave. Ciò significa che il debitore deve aver contratto ciascuno dei suoi debiti con la dovuta diligenza. Si ricorda che gli atti in frode ai creditori sono atti (anche omissivi) legali compiuti dal sovraindebitato con i quali sono diminuite le garanzie patrimoniali per i creditori (es: rinuncia all'eredità, donazioni, costituzione di fondi patrimoniali).

In riferimento al primo requisito, il debitore deve trovarsi in una situazione tale da non poter mettere a disposizione dei propri creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura. Ciò non significa che il debitore dovrà necessariamente essere privo di reddito o patrimonio ma, seppur presenti, dovranno essere di consistenza modesta o irrilevante ovvero tali da non costituire alcuna utilità per i creditori, nemmeno in prospettiva futura. Si pensi, ad esempio, al caso di un debitore titolare di una quota di un immobile completamente diroccato che, se anche venduto all’asta, non vedrebbe nemmeno coperte le spese della procedura liquidatoria a causa del valore pressoché nullo dell’immobile e della quota.

Con riferimento a tale requisito, interessante è la sentenza in data 26 ottobre del Tribunale di Milano, Sezione Fallimentare, dove il giudice ha stabilito come il limite indicato dal’art. 2 CCII, ex art. 14 quaterdecies comma 2, - cioè l’ammontare dell’assegno sociale aumentato della metà, moltiplicato per il parametro di equivalenza previsto per l’ISEE in base al numero di componenti del nucleo famigliare - costituisce il limite massimo affinché sia rispettato il “requisito reddituale”. In sostanza, al fine di non demandare al giudice valutazioni di carattere discrezionale, il legislatore ha individuato una soglia reddituale ben precisa entro la quale il ricorrente deve trovarsi per poter presentare la domanda di esdebitazione per incapienza: tale importo corrisponde all'assegno sociale aumentato della metà, moltiplicato per il parametro di equivalenza previsto per l’ISEE in base al numero di componenti del nucleo familiare. Nel caso in questione, il Tribunale di Milano aveva fissato una soglia pari ad € 18.292,04 annui (il nucleo familiare del debitore era composto da tre persone) mentre il reddito del ricorrente per l’anno 2020 corrispondeva a circa € 18.796,62. A fronte di tale eccedenza, anche se minimale, il giudice ha dichiarato inammissibile la domanda per carenza del presupposto reddituale.

Il sovraindebitato incapiente può accedere all’esdebitazione solo per una volta, e dovrà eventualmente pagare i creditori entro 4 anni dal decreto del giudice solo se gli pervengano utilità rilevanti che consentano un pagamento dei creditori in misura non inferiore al 10%. Il legislatore, quindi, dispone che la situazione patrimoniale e finanziaria del debitore deve rimanere costantemente monitorata dal giudice (o da un suo delegato) poiché, qualora dovessero sopraggiungere nuove entrate rilevanti – definitesi tali qualora consentano di pagare i creditori in misura non inferiore al 10% di quanto dovuto -, il debitore sarà tenuto ad utilizzarle per pagare, almeno parzialmente, i creditori.

In tal senso, non sono considerati utilità i finanziamenti, in qualsiasi forma erogati: da quest’ultima previsione possiamo affermare che il concetto di “utilità” non riguarda benefici economici unilaterali bensì debbono rappresentare incrementi del patrimonio del debitore senza che vi sia correlazione con l’assunzione di ulteriori debiti.

Dott. Caglieri Simone



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