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  • Writer's pictureDott. Caglieri Simone

LE TIPOLOGIE DI CONCORDATO MINORE

Il Codice della Crisi e dell’Insolvenza ammette il deposito di due diverse tipologie di concordato minore:

  • In continuità dove l’obiettivo è la prosecuzione dell’attività imprenditoriale o professionale (art. 74 co. 1 CCII).

La maggior parte della dottrina è orientata nell’ammettere due diverse tipologie di “continuità”:

- Diretta, dove lo stesso imprenditore che ha presentato l’istanza di accesso alla procedura prosegue l’attività d’impresa;

- Indiretta, dove la prosecuzione dell’attività avviene da parte di un soggetto diverso dal debitore mediante cessione, usufrutto, conferimento d’azienda, affitto o qualunque altro titolo.

Nel caso di affitto d’azienda, premesso come sia irrilevante se il contratto sia stipulato prima o dopo l’apertura della procedura, è comunque consigliabile quanto segue:

- Il contratto contenga una clausola che identifichi tale affitto d’azienda come strumentale al concordato minore;

- Il contratto preveda esplicitamente la prosecuzione dell’attività.

  • Concordato misto, cioè un concordato in continuità aziendale nel cui piano è prevista la liquidazione di beni non strategici. Come indicato nell’art. 84 co. 3 CCII, nel concordato misto non è richiesto il rispetto di alcun “principio di prevalenza”, ovvero << i creditori vengono soddisfatti in misura anche non prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale diretta o indiretta >>.

  • Liquidatorio, a condizione che vi sia l’apporto di risorse esterne che aumentino in modo apprezzabile la soddisfazione dei creditori (art. 74 co. 2 CCII). Ciò significa che è ammissibile il concordato liquidatorio qualora siano rispettate due condizioni:

1) Vi sia l’apporto di risorse esterne, intese come quelle apportate a qualunque titolo sia dai soci, senza obbligo di restituzione o con vincolo di postergazione, sia da eventuali terzi soggetti diversi dai soci;

2) Che l'apporto sia tale da aumentare in modo apprezzabile la soddisfazione dei creditori. Sulla questione del quantum, nella relazione illustrativa al Codice della Crisi e dell’Insolvenza è indicato che il legislatore non ha ritenuto di quantificare l’incidenza dell’apporto esterno sulla misura del soddisfacimento dei creditori, lasciando tale valutazione al prudente apprezzamento del giudice.

Quindi, premesso come il legislatore ha inteso lasciare la questione del quantum alla valutazione discrezionale del giudice, su tale questione spesso la dottrina utilizza per analogia l’art. 84 co. 4 CCII il quale, in riferimento al concordato preventivo, indica due limiti:

a) La proposta del concordato deve prevedere un apporto di risorse esterne che incrementi di almeno il 10% l’attivo disponibile al momento della presentazione della domanda;

b) La proposta del concordato deve prevedere un apporto di risorse esterne che assicuri il soddisfacimento dei creditori chirografari e dei creditori privilegiati degradati per incapienza in misura non inferiore al 20% del loro ammontare complessivo.

Estendendo per analogia questi limiti al concordato minore, in dottrina si sono sviluppate due correnti di pensiero. La prima, identifica l’incremento apprezzabile nell’apporto di risorse pari almeno al 10% in più rispetto all’attivo del debitore; la seconda corrente di pensiero, invece, identifica l’incremento ad un pagamento almeno pari al 20% dell’ammontare dei creditori privilegiati degradati e dei creditori chirografari.


Dott. Caglieri Simone



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