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  • Writer's pictureDott. Caglieri Simone

SOVRAINDEBITAMENTO: IL DEBITORE INCAPIENTE - DEFINIZIONE

L’art. 14-quaterdecies L. 3/2012 e l’art. 283 CCII hanno introdotto la figura del debitore incapiente cioè il debitore persona fisica (normativa rivolta a consumatori, debitori civili, garanti, professionisti, soci illimitatamente responsabili e piccole imprese mentre sono escluse società, associazioni ed enti di qualsiasi natura o genere come le associazioni, fondazioni ecc.) che:

  • Non è in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura (si pensi al classico caso di una controversia in corso dalla quale, possibilmente, si potrà ricavare un risarcimento in denaro). Il concetto di “utilità” è particolarmente ampio, comprendendo redditi in denaro, beni, crediti od ogni altra entità economicamente valutabile. Ciò significa che il debitore non gode di alcun reddito o ne gode in misura talmente limitata da non riuscire a soddisfare, nemmeno parzialmente, i propri creditori. Si pensi al caso di ricevere uno stipendio appena sufficiente a soddisfare le esigenze di sostentamento proprie e della propria famiglia;

  • E’ meritevole, cioè non ha commesso atti in frode oltre ad aver assunto obbligazioni senza dolo o colpa grave (il debitore deve aver contratto ciascuno dei suoi debiti con la dovuta diligenza). 

In riferimento al primo requisito, il debitore deve trovarsi in una situazione tale da non poter mettere a disposizione dei propri creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura. Il sovraindebitato non è incapiente qualora sia possibile un riparto anche inferiore al 10%, percentuale questa che vedremo nominata dal legislatore nel proseguo dell’analisi normativa. Ciò non significa che il debitore deve necessariamente essere privo di reddito o patrimonio ma, seppur presenti, dovranno essere di consistenza modesta o irrilevante, ovvero tali da costituire alcuna utilità per i creditori, nemmeno in prospettiva futura. L’incapienza, quindi, deve essere sia patrimoniale sia reddituale:

  • Si ha incapienza nel patrimonio qualora il debitore non ha un patrimonio da liquidare oppure i beni, i crediti e le altre utilità che compongono il suo patrimonio, se liquidati, non permettono di ripartire alcunché ai creditori. Si pensi, ad esempio, al caso di un debitore titolare di una quota di un immobile completamente diroccato che, se anche venduto all’asta, non vedrebbe nemmeno coperte le spese della procedura liquidatoria a seguito del valore pressoché nullo dell’immobile e della quota.

    Nell’ipotesi di possesso di beni mobili o immobili, si sottolinea la sentenza di merito del Tribunale Bergamo 16/11/2023 in riferimento a una domanda di apertura di una liquidazione controllata. Nel caso di specie, l’unico bene liquidabile da destinare ai creditori era di modesto valore (autovettura stimata in circa € 5.000) e, pertanto, considerato dal Tribunale come non idoneo a coprire le spese per la liquidazione controllata, con la conseguente necessità di aprire l’istituto di esdebitazione per debitore incapiente invece della liquidazione controllata. La motivazione è da riscontrarsi nel fatto che un’eventuale apertura della liquidazione controllata non comporterebbe alcun vantaggio per i creditori bensì maturerebbero ulteriori passività, arrecandogli ulteriore pregiudizio.

    Deve essere considerata “utilità” anche il risultato di azioni revocatorie che possono essere esperite in caso di atti in frode ai creditori o azioni risarcitorie.

  • Si ha incapienza nel reddito qualora di questo, dopo aver fatto fronte alle spese di mantenimento del sovraindebitato e della sua famiglia, non residui nulla che possa essere ripartito ai creditori. In merito al requisito in commento, interessante è la sentenza in data 26 ottobre del Tribunale di Milano, Sezione Fallimentare, dove il giudice ha stabilito come il limite indicato dall’art. 2 CCII, ex art. 14 quaterdecies comma 2, - cioè l’ammontare dell’assegno sociale aumentato della metà, moltiplicato per il parametro di equivalenza previsto per l’ISEE in base al numero di componenti del nucleo famigliare - costituisce il limite massimo affinché sia rispettato il “requisito reddituale”. In sostanza, al fine di non demandare al giudice valutazioni di carattere discrezionale, il legislatore ha individuato una soglia reddituale ben precisa entro la quale il ricorrente deve trovarsi per poter presentare la domanda di esdebitazione per incapienza: tale importo corrisponde all’assegno sociale aumentato della metà, moltiplicato per il parametro di equivalenza previsto per l’ISEE in base al numero di componenti del nucleo familiare. Nel caso in questione, il Tribunale di Milano aveva fissato una soglia pari ad € 18.292,04 annui (il nucleo familiare del debitore era composto da tre persone) mentre il reddito del ricorrente per l’anno 2020 corrispondeva a circa € 18.796,62. A fronte di tale eccedenza, anche se minimale, il giudice ha dichiarato inammissibile la domanda per carenza del presupposto reddituale.

Il debitore incapiente può accedere all’esdebitazione solo per una volta, e dovrà eventualmente pagare i creditori entro 4 anni dal decreto del giudice solo se gli pervengano utilità rilevanti che consentano un pagamento dei creditori in misura non inferiore complessivamente al 10% (calcolo del 10% da effettuare sulla totalità dei creditori e non per ogni creditore). Il legislatore, quindi, dispone che la situazione patrimoniale e finanziaria del debitore deve rimanere costantemente monitorata dal giudice (o da un suo delegato) poiché, qualora dovessero sopraggiungere nuove entrate rilevanti – definitesi tali qualora consentano di pagare i creditori in misura non inferiore al 10% di quanto dovuto -, il debitore sarà tenuto a utilizzarle per pagare, almeno parzialmente, i creditori.

Si precisa come i finanziamenti non devono considerarsi "utilità", in qualsiasi forma erogati: il concetto di “utilità” non riguarda benefici economici unilaterali bensì, queste utilità, debbono rappresentare incrementi del patrimonio del debitore senza che vi sia correlazione con l’assunzione di ulteriori debiti.

Tale valutazione di rilevanza deve essere effettuata su base annua, dedotti le spese di produzione del reddito e quanto occorrente al mantenimento del debitore e della sua famiglia in misura pari all’ammontare dell’assegno sociale aumentato della metà, moltiplicato per un parametro corrispondente al numero dei componenti del nucleo familiare della scala di equivalenza dell’ISEE prevista dal regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 5 dicembre 2013.


Dott. Caglieri Simone



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