RIFIUTO DELLA PRESTAZIONE: NON È UN DIRITTO ASSOLUTO DEL LAVORATORE
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- Nov 17
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La Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 21965/2025, ha chiarito che il lavoratore non può rifiutare automaticamente la prestazione in presenza di un inadempimento del datore di lavoro. L’articolo 1460 del Codice civile — che consente la sospensione della prestazione per inadempimento della controparte — si applica solo quando il rifiuto del dipendente sia proporzionato, causale e coerente con i principi di buona fede.
Il caso riguardava una dipendente licenziata per assenza ingiustificata dopo aver rifiutato di prendere servizio nella sede indicata dal datore, nonostante un trasferimento ritenuto illegittimo in sede cautelare. Lavoratrice e azienda avevano avuto diversi contrasti: dopo un lungo periodo di cassa integrazione, il trasferimento a Urbania era stato sospeso, ma la società aveva comunque assegnato alla dipendente mansioni inferiori nella sede di Carpi, senza pagarle la retribuzione per oltre un anno. Di fronte alla richiesta di riprendere servizio nelle Marche, la dipendente aveva rifiutato e l’impresa aveva proceduto al licenziamento.
La Cassazione ha ribadito che il diritto di rifiutare la prestazione non può essere esercitato in modo assoluto: occorre sempre valutare il comportamento complessivo, la proporzionalità della reazione e il rispetto dei principi di correttezza e buona fede.
FONTE: IL SOLE 24 ORE






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